Palestrina – 2

Siamo ormai oltre la metà del percorso espositivo del Museo Archeologico Prenestino.

La quarta sala è piuttosto ampia e recupera, almeno in parte, l’esedra finale del tempio originale. Nella sala, piuttosto ampia, sono esposti, in alcune vetrine, stupendi oggetti di oreficeria di altissimo pregio e di impagabile bellezza. Ci sono oggetti preziosi in oro, ametista, corallo, cristallo di rocca. Alcuni sono delicatamente incisi all’interno con disegni e figure muliebri, segno di un’arte che aveva raggiunto livelli incredibili di raffinatezza e precisione.

Semplicemente incredibili alcuni piccoli oggetti preziosi quali anelli o placchette di collane, nelle quali sono state incise figure e volti, con una altissima attenzione ai più piccoli particolari e alle caratteristiche più minute.

Alle pareti di questa sala sono affissi alcuni grandi mosaici, recuperati negli scavi dell’antico tempio. Presentano soggetti geometrici o a figure; tutti di grande precisione e di intrinseco gradevole equilibrio.

La sala successiva espone, infine, una copiosa raccolta di ex voto in ceramica, oltre a vari elementi architettonici di case e templi.

Ancora una sala (la sesta del secondo piano) con vari elementi architettonici, in particolare un rilievo fittile con un personaggio in lotta con un grifo (III-II secolo a.C.). Stupendo un piccolo efebo in bronzo, un raro esempio di bronzo di età arcaica in ambito italico (inizi del V secolo a.C.).

L’ultima sala espone ceramiche di uso quotidiano, pesi di telaio, chiodi, strumenti chirurgici in bronzo, pesi e lucerne, frammenti di affreschi.

Saliamo quindi al piano superiore dove è stato ricostruito il magnifico mosaico nilotico, un’opera di notevole livello storico ed artistico, un “capolavoro dell’arte ellenistica”, originariamente situato nel Foro Civile dell’antica Praeneste.

Un’opera che lascia a bocca aperta.

Occupa una intera parete ed è, in buona sostanza, una carta geografica dell’Egitto in figura prospettica; rappresenta cioè il Nilo nel suo percorso dall’Alto Egitto (ai confini con l’Etiopia in alto) fino alla costa mediterranea. Un’opera che dovrebbe risalire, secondo il parere degli esperti, alla fine del II secolo a.C.

Il punto è che non si tratta di una mera descrizione del corso del Nilo, bensì di un vero e proprio resoconto della vita e delle attività che si dipanano lungo il corso di questo fiume. Minuzia dei particolari e vivacità artistica si mescolano in questa opera che si può ben definire grandiosa.

Una infinita cura dei particolari è nella descrizione degli animali e delle genti che si incontrano lungo il corso del Nilo; analoga attenzione è posta nella descrizione dei templi siano essi egizi o romani; nel disegno delle abitazioni e delle case con le loro diverse caratteristiche; delle attività produttive e lavorative.

Ci sono le diverse imbarcazioni che solcano il fiume e il suo estuario: dalle piccole giunche fino ad una grande triremi. Come pure vengono dettagliatamente descritti riti, attività di caccia, piante e alberi. Tutto con colori estremamente vividi e al tempo stesso assai realistici.

Veramente magnifico.

Abbiamo sostato (noi, ma anche altri visitatori) a lungo davanti a questa opera assai affascinante.

Approfittando di un ascensore, ridiscendiamo al pianterreno, dove un plastico rende evidente la grandiosità del tempio originario. Da qui al sotterraneo del palazzo, che corrisponde ad una delle gallerie superiori del tempio, il criptoportico che si stendeva sul suo lato settentrionale; nei suoi ampi spazi coperti è allineato un ricco lapidario costituito da statue, frammenti lapidei della costruzione, incisioni, capitelli, parti dei frontoni, sarcofagi.

All’uscita, nonostante il caldo, scendo ulteriormente ai livelli inferiori del tempio, osservando i resti delle poderose strutture murarie, ciò che resta delle esedre e dei grandi nicchioni, fino al livello del pozzo sacro, contornato dalla breve parte restante del pronao che lo circondava.

Le costruzioni sottostanti il tempio, di evidente impostazione medievale, sono soprascritte alla zona del Foro e agli edifici di epoca romana e conservano parti importanti delle antiche costruzioni di quell’epoca.

Ciò è soprattutto evidente nella piazza della Cattedrale e nello stesso edificio sacro.

Il Duomo, infatti, sorge sull’area di un precedente edificio romano. Della ricostruzione, avvenuta nel XII secolo, in stile romanico, conserva oggi solo la facciata a timpano e il campanile. Risalgono invece all’epoca romana alcuni inserti in facciata, mentre sono ben visibili, soprattutto nella cripta, una parte della strada lastricata, opere di deflusso delle acque reflue, parti di una colonna e altri resti di un tempio romano.

Dopo una visita di questo genere, la migliore conclusione possibile è quella di riguadagnare la zona dei Colli Albani, potendo scegliere tra i tanti piatti della gustosa cucina locale.

L’imbarazzo della scelta tra pappardelle (con i diversi sughi della caccia: lepre, capriolo, piccione), ravioli ripieni, trippa o altre leccornie della cucina tradizionale è notevole. Verrebbe voglia di assaggiarli tutti.

Oppure si potrebbe scendere verso il litorale, dove è sempre possibile trovare una buona frittura o uno spaghetto alle vongole!

L’Italia è davvero un Bel Paese!

(2 – Fine)

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