Una mostra: Pistoletto

A 90 anni Michelangelo Pistoletto riesce ancora, con la sua arte, a parlare alla mente e ai cuori di chi apprezza l’arte, la ricerca, la cultura, senza appiattirsi sulle facili demagogie di una cultura che, dispiegando artigli rapaci, vorrebbe appiattire e uniformare la realtà attuale, schiacciandola in forme di consenso antiche e sorpassate. Quasi che, paradossalmente, la comprensione e la ricerca costante costituissero forme vecchie di espressione e il ritorno a desueti stereotipi rappresentassero il nuovo che avanza.

La Mostra di Michelangelo Pistoletto in corso in questi giorni nella meravigliosa cornice del Chiostro del Bramante a Roma (ingresso 15 euro) è un racconto della sua lunga esperienza artistica e, allo stesso momento, una esplosione di creatività, ingegno, luci, suoni e colori.

Ho avuto modo di apprezzare le opere di Pistoletto in vari sedi di arte moderna e contemporanea; da Torino a Roma a Milano, come pure nella scintillante, coinvolgente stazione Garibaldi della Metropolitana di Napoli. Opere dal fascino fulminante, luminoso, colorato e vivace. Espressioni di una mente aperta, libera e creativa di perdurante ingegno.

La prima sala e già una dichiarazione programmatica: un grande specchio è posto sulla parete, e salendo sulla pedana che lo precede la voce dell’artista afferma “Allontanatevi!”. Laddove la perentoria affermazione non e`l’ingiunzione ad allontanarsi dalla mostra, ma l’invito ad avere un atteggiamento aperto, ad assumere diversi punti di vista rispetto all’oggetto che si osserva.

Nella seconda sala ela famosa "Venere degli stracci", la classicità della Venere di Milo che si confronta con gli elementi (gli stracci appunto) prodotti dalla nostra contemporaneità. L’opera ecerto una delle più conosciute tra quelle realizzate dall’artista.

Il tema e`ripreso con la successiva installazione “Orchestra di stracci”, laddove una serie di coloratissimi stracci “dialogano” con ripiani di cristallo, piccoli oggetti di cemento e una serie di bollitori “raggruppati come a formare un complesso musicale” (così recita il pannello esplicativo dell’opera).

“La grande sfera di giornali” (Torino, 1967), è un globo dal diametro di due metri tutto ricoperto da pagine di giornali, spinto metaforicamente dalle mani dell’autore, ci trasporta nel mondo della comunicazione e della circolazione delle notizie e dell’informazione.

La sala successiva, una delle più interessanti, a mio parere, ospita due installazioni: un grandissimo specchio posto orizzontalmente, riproduce i confini del Mediterraneo, ribaltando quindi il rapporto tra terre (che compaiono per omissione) e mare; intorno allo specchio innumerevoli sedie, sedili, puff, a raccontare le diversitama anche le linee di congiunzione che si intersecano tra loro attraverso il mare che non divide, ma unisce, collega, dialoga (e anche si scontra) con culture, popoli diversi. Il titolo, anch’esso significativo e’ "Love difference - Mar Mediterraneo" (2003-2005). Alle pareti una serie di fogli di acciaio dipinte, serigrafate a colori, forme e disegni diversi, raccolti disposti come tanti libri aperti che si offrano al lettore; l’opera si intitola "Libri" (1990-1993). Nella sala una lunga parete colorata di blu e con la scritta in rosso "Love difference" elasciata a disposizione del visitatore che può scrivere, disegnare, lasciare messaggi con alcuni pennarelli bianchi a loro disposizione.

“Quadri specchianti”, la successiva installazione, copre con grandi specchi le pareti della stanza e l’immagine del visitatore dialoga, di riflesso, con le immagini dei personaggi, a grandezza naturale, che l’autore ha posto sugli specchi: uomini, donne, giovani occupati nelle normali attività di ogni giorno. Un senso di partecipazione (lo troveremo anche più avanti nella mostra con altre opere) che costituisce un aspetto fondamentale dell’arte di Pistoletto che punta a far partecipare il visitatore al completamento delle sue opere (la medesima composizione è quella che si può ammirare alla Stazione Garibaldi della Metro di Napoli).

Un lungo corridoio a forma di “T” ospita “Labirinto” (1969-2023) un’opera variabile relativamente alle dimensioni ambientali che la ospitano: una serie di cartoni ondulati dell’altezza di un metro, diversamente articolati e variamente arrotolati a delimitare un percorso. Ma, come scritto su una parete, un “labirinto porta sempre a qualcosa”, la conoscenza porta all’esperienza.

Questo concetto Pistoletto ripropone nella sala successiva con “Autoritratto di stelle” (1973) dove su un foglio di pellicola trasparente appeso a meta’ della stanza, l’immagine dell’autore e’ riportata in maniera puntiforme simulando una miriade di stelle. Lasciatevi tentare: ponetevi dietro il foglio e la vostra immagine, dietro a quella di Pistoletto, creerà una nuova ombra sulla bianca parete di fondo.

Il tema della differenza/similitudine e ripreso nella installazione posta lungo la scalinata che porta al primo piano. “Be difference – Neon”, `costituita da una serie di neon divario forme, colori, dimensioni e lingue lo stesso concetto e cioè di “amare” le differenze.

Al primo piano, una scritta multicolore “Illuminare le distanze, mantenere le differenze” introduce alle opere poste su quel livello.

Una sala totalmente rivestita di specchi, dalla base alle pareti al soffitto, contiene un cubo di un metro per uno, mentre la vostra immagine si ripete come in un caleidoscopio decine e decine di volte negli specchi. L’opera si intitola appunto “Metrocubo di infinito”.

“Segno arte unlimited” e`invece la riproposizione della figura dell’autore a gambe divaricate e con le braccia alzate, come due triangoli opposti e sovrapposti al vertice, una riproposizione in forme stilizzate dell’uomo di Leonardo da Vinci e di Vitruvio. L’immagine viene riproposta in forme e posizioni e materiali diversi: una scrivania, un letto, una finestra, una libreria, ecc. Il corridoio di collegamento fra le stanze ospita l’installazione “Porte – Segno arte”: 6 porte, dalla forma prima descritta, aperte, con le rispettive “bussole” dai colori diversi.

L’ultima, grande sala eoccupata da varie installazioni. Quella centrale “Terzo paradiso” (2033-2013) ecostituito da tre cerchi di diversa misura (il simbolo dell’infinito), formato da piatti dismessi di vecchie batterie di varie dimensioni, coperchi di pentole di colori, forme e fogge diverse. Il visitatore, con relative bacchette, può divertirsi a suonare infinite e diverse composizioni, ”potenzialmente infinite”.

Alle pareti tre altre opere: “Vortice – Dittico” (2019) “Vortice – Dittico” (2019) e “Color and light” ripropongono il tema delle specchiere e delle diverse rifrazioni delle immagini riflesse su superfici variamente segnate e/o colorate. E’ l’ennesima riproposizione di un concetto chiave dell’autore: “lo specchio esiste solo se c’e’ qualcuno che vi ci si riflette dentro”.

Su una intera parete l’opera “Io, Tu, Noi” le tre parole, in bianco, scritte su un grande fondo nero, sono variamente intrecciate tra loro dal simbolo dell’infinito. E’ la Trinomia, ovvero la diversa e variabile connessione tra questi tre elementi che, variamente coniugati, determinano relazioni reciproche, conoscenza, esperienza.

Nel cortile, a completare idealmente la mostra (ovvero a segnarne l’inizio) la riproposizione di questo concetto viene espresso con un segno dell’infinito di grandi dimensioni (all’incirca 10 metri di lunghezza per 3 di altezza) ricoperto da mille strisce colorate di colori diversi e vari.

Una bellissima mostra.

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