Siponto – 3

Questa è la terza volta che parlo di Siponto. Ne parlo in occasione di un evento assai bello e significativo che si è svolto l’8 ottobre u.s., che ci ha visto partecipare alla visita della zona archeologica (è in corso la seconda campagna di scavi), ad una lunga performance (è durata l’intera giornata) del gruppo in costumi medievali “Imperiales Federici II” e si è conclusa, a mezza giornata, con la riproposizione dei voti matrimoniali di mio figlio e mia nuora (tenuto nella Basilica di Santa Maria di Siponto in costume e con rito di epoca medievale).

Ma procediamo con ordine. Anzitutto la visita al sito e l’illustrazione delle azioni di scavo attualmente in atto, con la guida assai speciale del professor Goffredo (uno dei direttori dei lavori) docente presso l’Università di Foggia.

Dopo la campagna di scavi dello scorso anno (i risultati li potete vedere in questo e in altri video pubblicati su You Tube); quella di quest’anno sta portando a nuove ed assai interessanti scoperte.

La prima area di scavi che visitiamo (anche in questo caso animato da figuranti del gruppo degli “Imperiales Federici II” in abiti medievali, si trova quasi al centro dell’antico abitato. Sono venute alla luce strutture che essenzialmente si riferiscono al periodo medievale, l’ultimo della storia di questa cittadina, Siponto, nata come “colonia” romana nel II secolo a.C. e che si è articolata e sviluppata per molti secoli, almeno fino al XIII secolo, quando Manfredi (figlio di Federico II), decise di realizzare ed avviò la realizzazione del primo nucleo urbano della moderna Manfredonia.

Il quadrato degli scavi mette bene in luce le strutture risalenti ad un periodo compreso tra il XII e il XIII secolo, e, in alcuni punti, intercettano anche strutture della Siponto romana che però, per gran parte non sono ancora visibili, trovandosi anche 2-3 metri al di sotto dell’attuale piano di campagna.

L’alzato medievale, dunque, si è tutto sviluppato al di sopra delle costruzioni di epoca romana, in parte riutilizzandole, in parte aggiungendo e modificando le precedenti strutture. Ciò che invece rimane immutato è l’impianto urbanistico di epoca romana, organizzato per “insulae” e che si sviluppa, come da tradizione secondo le linee diritte degli assi ortogonali di tradizione romana.

Il professor Goffredo ci fa infatti notare come intorno all’insulsa siano ben visibili le strade (cardo e decumano), che la contornano e la racchiudono, mentre una strada “di servizio” divide in due l’insila medesima.

La sezione portata alla luce dagli scavi evidenzia sulla destra un edificio di significative dimensioni, ben strutturato e con alzato che probabilmente doveva avere uno o due piani fuori terra. La costruzione, dai muri massicci, era probabilmente una “domus” di qualche importanza, date le dimensioni e i reperti (olle e ceramiche, alcune invetriate) rinvenuti in loco. La costruzione presenta diversi ambienti con una corte centrale ed un pozzo per la raccolta delle acque. Alcuni ambienti erano sicuramente destinati ad abitazione; altri, probabilmente quelli prospicienti la strada di servizio, ad attività economiche.

Ciò potrebbe essere confermato dalla presenza, sul lato opposto della viabilità di servizio, di altre strutture sicuramente votate ad attività produttive artigianali, quali fornaci, laboratori per lavorazione di argilla e metalli. Anche in questo caso sono visibili strutture per la raccolta e l’adduzione delle acque piovane con un pozzo collegato ad una sottostante cisterna sotterranea alta circa tre metri. Visibili sono anche alcuni fori per pali lignei, cosa che fa pensare alla presenza di piccole strutture per l’allevamento e il riparo di animali di piccola taglia.

Ci spostiamo ad un centinaio di metri, verso il mare, attraversando i binari della linea ferroviaria dove si trova un’altra area di scavo. Questa è la zona nella quale si sviluppano soprattutto costruzioni destinate al servizio di quella che era la principale funzione del sito sipontino e cioè l’attività marinara, soprattutto commerciale, ma anche di viaggio lungo le sponde dell’Adriatico.

Anche qui l’impianto urbano romano si conserva e le costruzioni si sviluppano in un regolare reticolo stradale. Qui gli scavi hanno portato alla luce un ambiente di notevoli dimensioni, sicuramente un grande magazzino, mentre sulla sinistra sono alcuni ambienti più stretti, ma di uguale lunghezza (oltre 10 metri), anche questi, probabilmente destinati alla conservazione di derrate e prodotti per l’esportazione (o l’importazione).

Anche queste strutture risalgono al periodo medievale ma, cosa assai importante, gli scavi hanno riportato alla luce porzioni di muri sicuramente riferibili ad un periodo più antico e cioè di epoca romana. E’ Infatti ben visibile una porzione di muro in “opus reticulatum” un sistema di costruzione che si sviluppa tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C.

Infine un terzo luogo di scavo, non ancora visitabile e che si trova più a monte dei luoghi finora visitati, oltre la statale che taglia in due l’intera zona archeologica, ha portato alla luce parti della struttura di un anfiteatro. In gran parte esso venne scavato utilizzato le pendenze del terremo, ma una parte dell’alzato si è conservato anche perché parzialmente utilizzato da una masseria rimasta operativa fino al secolo scorso.

Da segnalare che in questa zona l’impianto dell’abitato è leggermente più confuso e non segue sempre l’organizzazione e la struttura urbana, lineare e diritta tipica delle città romane. A ridosso della zona occupata dall’anfiteatro sono state anche individuate alcune tombe (anche queste di epoca medievale), ma al di sopra delle quali sono stati rinvenuti anche segni di ulteriori e successive costruzioni.

In nessuna delle parti oggetto di scavi sono state trovate tracce di incendi o di distruzioni che potrebbero derivare da guerre o eventi calamitosi dei quali tuttavia si parla in taluni testi si storia locale. Sono chiari invece i segni del progressivo smantellamento (soprattutto di blocchi di pietra già tagliati e squadrati e quindi più facilmente riutilizzabili) avviato da Manfredi e proseguito da Carlo I d’Angiò per la costruzione di Manfredonia.

Come ho già accennato tutti i luoghi che abbiamo visitato erano animati da figuranti in abiti medievali: sarti, artigiani, soldati in diversi costumi ed armature, arcieri, pastori, tessitrici, monaci, pellegrini ed altro ancora. Il gruppo degli “Imperiales Federici II” ha anche organizzato alcuni banchi sui quali sono esposti prodotti artigianali: tessuti dell’epoca, ricami, armature, lavori in cuoio, in metallo e in ceramica. E mentre sull’ampio spiazzo campeggiano i labari di diverse contrade, uomini in armi inscenano scontri e combattimenti all’arma bianca e arcieri lanciano frecce verso un bersaglio di tela e paglia.

Decisamente uno spettacolo assai vivace ed accattivante che coinvolge i folti gruppi di visitatori (singoli e gruppi) che vengono a visitare, in questa giornata, il sito archeologico. L’animazione dura l’intera giornata.

A metà mattinata la simpatica riedizione, sempre in costume, della celebrazione delle nozze. Officiata presso la Basilica di Santa Maria Maggiore, con canti e musiche gregoriane, i due sposi, accompagnati dal corteo di figuranti, entrano nella chiesa, recitano le preghiere e cantano i salmi.

Una cerimonia molto bella e simpatica, nella quale viene esaltata la dimensione religiosa di un’epoca nella quale questa costituiva una componente fondamentale della vita sociale.

Alla cerimonia è seguito anche un momento di ristoro fatto con piatti e prodotti tipicamente riferibili all’epoca medievale.

Segnalo la presenza, costante, puntuale ed efficace, in ogni momento di questa vivida esperienza, del professor Gaetano Volpe, il quale può realmente essere definito l’anima e il principale soggetto propulsore di questa importante campagna di scavi.

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