Urbino – 2

Proseguendo la visita del grandioso complesso del Palazzo Ducale di Urbino raggiungiamo la parte del palazzo che conserva le opere sicuramente più importanti ed interessanti.

E’, infatti, la sala successiva, con due soli piccoli quadri che attira l’attenzione e l’interesse del visitatore; qui si trovano infatti due opere capitali di Piero della Francesca: la “Madonna con Bambino e due angeli” e la “Flagellazione”.

Su queste due opere veramente magistrali (e soprattutto sul secondo) sono stati spesi fiumi di inchiostro da parte degli storici dell’arte, per la loro complessità (in parte non ancora svelata), per la tecnica e la tipologia costruttiva delle opere. Solo poche parole, in questa sede, rinviando il lettore ad opportuni approfondimenti.

Nel primo caso lo sfondo è dato dall’interno di una assai comune abitazione (piuttosto che da contesti sacrali o troni sfarzosi come in simili soggetti); il taglio delle figure è assai originale, un taglio di tre quarti assai poco utilizzato in opere di questo genere (figure intere o busti); i colori morbidi e tenui; le espressioni semplici e serene. Per non parlare delle innumerevoli simbologie, ne cito solo le più evidenti: la rosa bianca, simbolo di Verginità e il corallo rosso al collo del Bambino, simbolo della Passione.

Ancora più complesso il secondo quadro, la “Flagellazione”, dove la flagellazione di Cristo è posta a sinistra della composizione e, quasi, in secondo piano, mentre a destra tre uomini (sulla individuazione dei quali la critica non ha ancora formulato una conclusiva identificazione) parlano tra loro.

Due colonne in primo piano incorniciano la scena di sinistra, che si svolge al chiuso, all’aperto e con la prospettiva di alcune costruzioni dietro i tre personaggi ritratti, si svolge la scena di destra.
L’architettura spaziale della tavola è assolutamente perfetta, verificabile e comprensibile; per molti versi del tutto oscuro rimane il significato, il senso più profondo di questo insieme pittorico che rimane tuttavia una delle opere più alte dell’arte italiana.

Lasciata, con rammarico, la sala che ospita questi due grandi lavori di Piero della Francesca (vedi Urbino – 1), la sala successiva ci accoglie con un’altra importante opera: “La città ideale”.

Di autore incerto (è stato variamente attribuito a Piero della Francesca, a Lorenzo Laurana, a Francesco di Giorgio Martini), è comunque la rappresentazione del concetto rinascimentale della città. Un perfezionismo estremo è rappresentato nel quadro (tempera su tavola) disegnando una vasta piazza, un edificio centrale di forma circolare, vari edifici a destra e a sinistra, perfettamente allineati e disegnati in precisa prospettiva.

Portali, finestre, profili, protiri, timpani sono tutti disegnati con assoluta perfezione e precisione. Non c’è anima viva nel quadro, eppure, nonostante questo, a guardare quest’opera si percepisce un intenso pulsare.

In una piccola stanza laterale uno stipo e un inginocchiatoio in ebano intarsiato d’avorio a formare raffinate figure di fiori e foglie, sono l’anticipazione di un altro gioiello dovuto alla munificenza del Duca Federico: lo Studiolo.

Si tratta di un vero capolavoro di gusto e raffinatezza.

Un ambiente piuttosto piccolo per le sue dimensioni, è totalmente ricoperto di pannelli di legno intarsiato, comprese le porte di accesso all’ambiente stesso, il soffitto è a cassettoni, seppure di piccola dimensione.

Gli intarsi disegnano sportelli semiaperti che mostrano libri, oggetti di studio, nicchie, statue; e poi ancora, simulando ripiani inesistenti nella realtà una esposizione di strumenti musicali, oggetti d’arte, documenti, spartiti; e inframmezzati scene di vita agreste (uno scoiattolo che rosicchia il cibo) o uno scomparto con l’armatura del Duca o semplicemente delle grate.

La maestria con la quale sono stati realizzati questi intarsi è davvero unica, ed è dovuta principalmente ad artisti fiamminghi, appositamente chiamati a corte dal Duca Federico. Lo spettacolo affascina e meraviglia insieme.

Al di sopra delle tarsie poi vi sono i ritratti di 28 “Uomini illustri del passato e del presente” disposti su due file ordinate: 14 di questi sono gli originali prodotti per lo Studiolo, altri 14 furono portati via nel corso delle spoliazioni napoleoniche (e rimpiazzate qui da copie).

Riemergere da questo luogo, seppure piccolo, non è cosa semplice: l’impressione è quella di aver visto ormai tutto ciò che c’era da vedere e che null’altro è possibile guardare dopo una fascinazione di questo genere; la mente è piena del vorticoso sovrapporsi di immagini, di angoli, di particolari, di segni e disegni.

In qualche modo aiutano le opere allestite negli spazi successivi: due tele di Tiziano Vecellio (“Ultima cena” e la “Resurrezione di Cristo”); una di Lorenzo Lotto (“San Rocco”); della Scuola del Perugino una tavola intarsiata e decorata (“Cristo in Croce ed Angeli”).

Attraversando varie porte intarsiate (attribuite queste al Laurana), si giunge infine alla grande Sala delle Udienze dove un camino sormontato da una striscia maiolicata occupa gran parte della parete più lunga.

Lo fronteggia una grande tavola del Giusto di Gand, la “Comunione degli Apostoli (1460-1475), completata dalla predella di Paolo Uccello, il “Miracolo dell’Ostia Profanata”.

L’ultima ala del Palazzo comincia con un grande salone: su una parete due grandi camini con colonne, alle pareti alcuni arazzi.

Nelle sale seguenti si fanno notare uno stendardo (olio su tela) opera di Luca Signorelli, da un lato (recto) è dipinta una “Crociffissione”, sull’altro (verso) la “Discesa dello Spirito Santo”. E’ invece di Giovanni Santi la piccola tavola del “Cristo stante nel Sepolcro circondato dai simboli della Passione” e il “Cristo Morto e la Madonna” (una terza, il “Cristo Morto sorretto da due Angeli”, è fuori per una mostra).

Sempre di Giovanni Santi è la grande pala dell’ “Annunciazione” e un’altra tavola “Madonna con Bambino in trono e i santi Giovanni Battista, Francesco d’assisi, Girolamo e Sebastiano e la Famiglia Buffi”, detta anche “Pala Buffi” dal nome dei committenti ritratti, ornati, sulla destra della composizione.

In queste sale, dette anche della Duchessa, un magnifico portale (“Terzo portale della Guerra”) in pietra intagliata e scolpita, dell’ultimo quarto del XV secolo. Preannuncia un Raffaello, “Ritratto di gentildonna detto La Muta” e una piccola tavola bifocale che da un lato (recto) porta l’immagine di “Santa Caterina di Alessandria” e sull’altro (verso) una specchiata marmorizzata con iscrizione.

Anche nelle altre sale adiacenti tele e tavole dipinte.

La visita del Palazzo Ducale di Urbino è ormai quasi conclusa; scendiamo al pianterreno dove sono le ultime sale del complesso da visitare.

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