Urbino – 3

Al pianterreno del Palazzo Ducale si trova il settore Archeologico sistemato in alcune sale contigue: sono esposti vari elementi lapidei, soprattutto iscrizioni, stele, marmi, elementi architettonici. Alcune, oltre alle iscrizioni, sono decorate con fiori e foglie e decantano le virtù e le opere dei defunti ai quali sono dedicate.

Mi colpisce in particolare una stele del liberto imperiale Titus Flavius Abascantus, a lui dedicata dalla moglie, un personaggio che si occupava di inchieste giudiziarie. Oltre alle consuete lodi per le opere del defunto, nella parte inferiore è scolpito un carro da corsa che ricorda un auriga (diventato famoso) dell’epoca di Domiziano, al quale, evidentemente, questo noto personaggio era legato.

Ci sono anche numerosi colombari e parti di sarcofagi di epoca romana e cristiana. Raffinata un’urna con la scena di caccia al cinghiale con Meleagro e Atalanta. Un tondo in marmo rosso è scolpito e raffigura Ulisse che, legato all’albero maestro della sua nave, ascolta il canto delle sirene. Numerosi sono anche laterizi con i tradizionali bolli dei produttori.

Sempre al pianterreno del Palazzo è anche lo Scriptorium e la Biblioteca (anche questa resa famosa dalla notevole collezione di manoscritti voluta dal Duca Federico). Attualmente, in questi locali sono esposte le diverse formelle del ciclo “Arte della Guerra”. Formelle sulle quale sono scolpite armi, armature, congegni per assedi ed assalti, strutture difensive ed altro ancora attinente appunto al tema della guerra. Al centro di una di queste sale è un modellino ligneo dell’intero e fantastico complesso del Palazzo Ducale di Urbino.

La pioggia e l’umidità insistente che si trasforma in microscopiche ma fastidiose goccioline che, oltre a bagnare, limitano anche la visibilità, rendono difficoltosa la nostra visita a Urbino dopo aver visitato la Galleria Nazionale.

Pertanto, diamo uno sguardo rapido al Duomo e scendendo attraverso le strade ancora di impostazione medievale, percorriamo via Puccinotti fino alla Piazza della Repubblica. Una breve sosta sotto i portici della piazza mi permette di assaggiare quella che è considerata la specialità locale: una crescita sfogliata ripiena di verdure di stagione e formaggio locale.

La “sfoglia di Urbino”, secondo la leggenda inventata da una fornaia locale in occasione delle nozze del Duca Federico, a differenza di altri prodotti che vanno per la maggiore non era un prodotto povero, ma, al contrario, fatto per i ricchi e, secondo la tradizione doveva essere “brillante e forte come il sole e, naturalmente, giallo”. La conferma che questo fosse un prodotto per la popolazione agiata sarebbe data, secondo quanto in molti scrivono, dalla presenza nell’impasto del pepe, spezia preziosa che solo i nobili potevano permettersi.

Da piazza della Repubblica, scendiamo lungo via Mazzini, la ripida strada che scende verso Porta Valbona, ma presto la lasciamo per addentrarci nelle strette stradine medievali del centro per raggiungere un altro luogo di grande interesse: l’Oratorio di San Giovanni Battista.

La piccola costruzione (la denominazione completa è Oratorio di San Giovanni Battista, di Sant’Antonio Abate e di San Giacomo Apostolo) è un edificio religioso risalente alla seconda metà del XIV secolo. Venne realizzato vicino al luogo dove si trovava un ospedale per la cura degli infermi e l’accoglienza dei pellegrini. La facciata, vagamente neogotica, è degli inizi del 1400.

La ragione per cui questa piccola chiesa è famosa è tutta al suo interno: le quattro pareti sono infatti affrescate con un ciclo pittorico magnifico, opera dei fratelli Salimbeni, Lorenzo e Jacopo, nativi di San Severino Marche.

I due fratelli, nati sul finire del 1300, viaggiarono e lavorarono quasi sempre insieme (anche se Lorenzo è quello più noto) prevalentemente nel territorio settentrionale delle Marche e in Umbria; sono rappresentanti significativi del gotico internazionale. “Lo stile dei Salimbeni, è riconducibile al tardo gotico, anche detto gotico internazionale per via della capillare diffusione dello stesso in tutta l’Europa degli anni a cavallo tra fine ‘300 e inizio ‘400.” (da: Visite guidate Urbino)

All’interno dell’Oratorio, coperto da capriate lignee, lo sguardo viene subito attratto dall’affresco che occupa l’intera parete di fondo: una grande e magnifica “Crocifissione”. Si tratta veramente di un lavoro grandioso e affascinante che rende, con capacità stilistica e vivacità dei colori il dramma rappresentato.

A ciò concorrono diversi elementi della composizione: la bocca della Madonna aperta in un urlo disperato, il gran numero delle figure umane presenti nella scena (cavalieri in armi, donne, uomini, bambini in movimento), angeli inquieti nel cielo. Insomma una immagine che rende all’osservatore un senso di grande movimento.

L’opera, complessivamente, come alcuni critici hanno giustamente osservato, estremamente raffinata nell’esecuzione rende anche un senso di grande immediatezza. Non sembra trattarsi di una vicenda lontana, ma di un dramma reale, cogente, attuale (rispetto all’epoca). Ciò è reso dalle vesti dei personaggi, dalle bardature dei cavalli, dalle corazze dei soldati, ma anche da alcuni finissimi particolari: una donna che insegue il figlio, un cane che si spulcia, un serpente che insidia un nido di uccelli e altro ancora. (qui una dettagliata analisi dell’opera)

Sulla parete destra dell’oratorio sono le scene della vita di San Giovanni Battista. Qui i fratelli Salimbeni hanno realizzato una grandiosa opera d’arte seppure seguendo i dettami della chiesa dell’epoca e cioè di utilizzare le opere d’arte come insegnamento ad una popolazione costituita in gran parte da analfabeti e che quindi, nei cicli pittorici, ritrovavano l’insegnamento biblico. E qui tutte le vicende del Battista sono narrate con grande precisione didattica e raffinata arte.

Almeno da citare, infine, le due Madonne ritratte negli affreschi posti sulla parete sinistra della chiesa, nonché gli affreschi in controfacciata.

Uscendo dall’oratorio, sempre in discesa lungo via Mazzini raggiungiamo Porta Valbona, una delle porte di accesso alla città di Urbino, sicuramente la più conosciuta perché collegata direttamente (con la ripida via Mazzini) al centro della città.

Raggiungiao quindi la Fortezza Albornoz che si trova ai margini della città storica.

Purtroppo il maltempo, ulteriormente peggiorato, ci impedisce di godere degli ampi spazi e del grande parco pubblico che circonda il forte e dal quale si gode un magnifico panorama sulle aree circostanti, mi limiterò quindi a qualche cenno storico su questo sito.

La costruzione, tutta in laterizio, venne costruita a metà del XIV secolo. Anche se porta il nome dell’Albornoz, il famoso cardinale condottiero, è probabile che la costruzione sia opera del suo successore, il cardinale (anche lui spagnolo e militare) Grimoad.

Valida struttura militare che, con le mura e il complesso sistema difensivo garantì lungamente ai Montefeltro una elevata tranquillità e sicurezza difensiva da attacchi esterni, fu più volte oggetto di distruzioni, ricostruzioni e rifacimenti.

Ha un impianto rettangolare con due torri semicircolari e bastioni. Attualmente la Fortezza Albornoz ospita al suo interno il Museo “Bella Gerit”: vi sono esposti alcuni ritrovamenti archeologici del territorio circostante e una raccolta di armi ed equipaggiamenti da guerra del periodo tra il 1330 e il 1500.

Nonostante l’inclemenza del tempo, dunque, una bella visita, interessante e stimolante.

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