Nemi

Ho visitato molte volte Nemi, località nell’area dei Castelli Romani; per gustare l’ottima cucina locale, per passeggiare tra le stradine di questo piccolo paese o, ancor più semplicemente, per trascorrere un tranquillo pomeriggio sulle rive dell’omonimo lago. Avevo anche visitato, molti anni addietro, il Museo delle Navi Romane e ci sono tornato proprio per questa ragione dopo l’ennesimo intervento di ristrutturazione e riorganizzazione del Museo.

Delle due antiche navi romane, appartenute all’imperatore Caligola e riportate con grande fatica alla luce negli anni 30 del secolo scorso rimane in verità ben poco: l’incendio del 1944 le ha quasi completamente distrutte. Restano alcune assi bruciate, alcune parti in bronzo che si trovavano esposti in altre sedi, la ricostruzione in scala dei due natanti, la ricostruzione, a grandezza naturale, di alcune parti degli stessi.

Recuperate dalle acque del lago tra il 1929 e il 1931 si trattava di due navi costruite a scopo ludico e quindi dalle caratteristiche piuttosto diverse rispetto alle navi, commerciali o da guerra, realizzate in epoca romana. Infatti la sezione di sinistra del museo, che ospita appunto tali reperti, espone un mosaico, in “opus sectile”, bellissimo, che faceva parte della pavimentazione di una nave; la parziale ricostruzione di una zona coperta dell’imbarcazione, con le originali tegole in bronzo che la ricoprivano, alcune colonne che, con molta probabilità, facevano parte dell’arredamento assai ricco e variegato delle navi.

Bellissima una protome di leone in bronzo che decorava l’estremità dei bagli, molto interessanti gli altri reperti: due ancore, il rivestimento della ruota di prua, alcune attrezzature di bordo originali o ricostruite (una noria, una pompa a stantuffo, un bozzello, una piattaforma su cuscinetti a sfera).

Il museo era stato appositamente costruito per ospitare due gigantesche navi di una lunghezza superiore ai 70 metri, utilizzate come luogo di svago dall’Imperatore Caligola tra il 37 e il 41 d.C. (gli anni del suo principato) sulle acque del lago di Nemi.

Un museo costruito in funzione del suo contenuto, infatti esso venne completato e chiuso nella parte frontale solo dopo che i resti degli scafi erano stati portati all’interno della struttura stessa. Purtroppo il fuoco di un incendio nel 1944 le aveva completamente distrutte.

Così le due ali dell’edificio, realizzato allora per contenere i resti dei due scafi, è stato totalmente ristrutturato e riorganizzato.

La parte sinistra espone i resti delle due navi e quanto ho fin qui descritto, e, nonostante la gravissima perdita, i pezzi qui contenuti, insieme ad una serie di pannelli esplicativi, riescono a dare il senso della grandiosità delle due imbarcazioni e dei loro arredi.

L’ala destra è invece dedicata al popolamento del territorio circostante con l’esposizione di reperti di grande interesse provenienti da necropoli e luoghi di culto della zona. Particolare assai originale è anche la ricostruzione, con materiali originali, del basolato romano, della strada che portava dalla via Appia (all’altezza di Ariccia) al santuario di Diana.

Questa è la parte realizzata più di recente nel Museo e, come ho già accennato presenta reperti di grande interesse.

Appena vi si accede, su questo lato, è un grande sarcofago di marmo finemente scolpito, un recupero, come tanti altri oggetti qui esposti, dalla Guardia di Finanza nella zona di Genzano.

Nelle teche sono poi esposti una miriade di oggetti diversi provenienti da vari luoghi di culto: ex voto, vasellame di ogni foggia e dimensione, vasi, fermacapelli, cinture, lamine d’oro cesellate. Tra questi due oggetti hanno particolarmente attirato la mia attenzione perché oggetti non comuni ed assai rari: alcune fibule con l’arco rivestito di dischi di ambra e dei finimenti per cavalli costituiti da sette elementi snodati e decorati ciascuno con figurine rappresentanti figure maschili stilizzate.

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Sempre nelle teche sono esposti poi bacili e contenitori in rame, elementi architettonici (soprattutto metope, ma anche tegole), vasellame, statuette votive in forme di animali o antropomorfe. Particolare interessante alcuni di questi reperti hanno forme di parti del corpo umano: piedi, mani, gambe, ma anche organi interni come vesciche, uteri, lingue, intestini.

Ovviamente non mancano monete, pesi e lucerne esposte a decine di esemplari. Fuori dalle teche alcune lastre marmoree scolpite con rappresentazioni di armi provenienti da un teatro.

Di notevole interesse una serie di oggetti, del IV-III secolo a.C., provenienti da un particolare luogo di culto individuato in località Pantanacci (tra Languivo e Genzano), una grotta con acqua sorgiva evidentemente ritenuta miracolosa; qui sono state ritrovate ceramiche in forma di mammelle, uteri, intestini, falli, vulve, ecc.

A Nemi Diana era venerata come dea della caccia e dei boschi, ma in questa area tale divinità era associata anche ad Artemide Taurica, dea crudele che esigeva anche sacrifici umani, un culto sanguinoso, dunque. Sembra che suo sacerdote, il Rex Nemoriensis, potesse essere solo uno schiavo fuggitivo che succedeva al suo predecessore dopo averlo ucciso in duello, avendo prima raccolto un ramo di vischio (pianta notoriamente parassita) da un albero di quercia (queste ultime notizie le ho apprese dai cartelli esplicativi del museo).

Altre centinaia di oggetti provengono dall’importante Santuario di Diana a Nemi, anche in questo caso lucerne, statuette, elementi marmorei ed architettonici, sculture, monete, antefisse decorate, capitelli, parti di colonne.

Elementi di più grande dimensione sono esposte lungo le pareti su dei gradini rialzati, o più in basso disseminati nella grande sala: si tratta di sarcofagi marmorei di epoca romana, are, altari, urne cinerarie scolpite, statue o parti di esse, edicole sepolcrali.

Alcune delle edicole funerarie e degli altari sono scolpiti sul fronte e sui lati con figure ed altri apparati decorativi, altre sono più semplici e lineari, con fregi soltanto alla loro sommità.

Altre opere, particolarmente una serie di teste scolpite circondano e conducono ai resti di una monumentale statua di imperatore assisto in trono, tutto in marmo di Thasos, della quale sono stati asportati elementi indicativi certi, ma che con molta probabilità potrebbe essere quella dello stesso Caligola, colpito, dopo la sua morte dalla “damnatio memoriae” inflittagli dal Senato romano e che, in età imperiale colpiva spesso anche gli imperatori.

Caligola, personaggio controverso e, in parte riabilitato dalla storiografia moderna, fu una delle principali vittime di tale istituto, che a Roma, in età antica, si applicava essenzialmente agli “hostis” cioè ai nemici della patria.

Tra gli altri manufatti esposti una curiosa ed originale “osteoteca” in tre sezioni di forma cilindrica che presenta superiormente gli intagli per le singole lastre di chiusura e decorata con ghirlande di fiori e foglie.

Provenienti dalla villa degli Antonini altri oggetti di uso comune ed elementi architettonici. Da segnalare anche un grande sarcofago in marmo riccamente scolpito: sul fronte una scena di sacrificio (a sinistra) e a destra l’incontro tra Marte e Rea Silvia; su entrambi i lati due grifi alati che si fronteggiano, mentre l’alzata del coperchio riporta un complicato fregio e putti alati.

Nota: per raggiungere il Museo delle navi di Nemi, occorre partire da Genzano, seguendo le indicazioni stradali presenti e non dalla cittadina di Nemi !

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