Siponto – 2

Ho già scritto di Siponto (solo qualche accenno per la verità) alcuni anni orsono, parlando di Santa Maria Maggiore e del Parco Archeologico, luogo nel quale, di recente, sono finalmente riprese le campagne di scavo (sull’andamento di queste ultime si possono vedere alcuni assai interessanti filmati pubblicati su YouTube).

In questo scritto racconto, invece, la mia recentissima visita alle necropoli di epoca romana, con l’organizzazione del Gruppo Archeologico Dauno e la guida esperta e sempre assai competente di Nico Moscatelli.

Le necropoli individuate a Siponto sono molte, e ciò è comprensibile per una fiorente città esistita, quantomeno in epoca storica, per oltre cinquecento anni. La visita, tuttavia è concentrata su due di esse: l’ipogeo Capparelli e l’ipogeo Santa Maria Regina.

Anche in questo caso, come in quello di Herdonea, benché le aree siano acquisite al patrimonio pubblico, l’accesso è complicato, e possibile, quasi esclusivamente, solo quando vengono organizzate visite guidate come quella a cui ho partecipato.

L’ipogeo Capparelli presenta una stratificazione temporale assai lunga. L’area della necropoli paleocristiana che visitiamo si trova in un terreno tufaceo (detto “tufo cozzoso” per la grande quantità di valve di mollusco incorporato nella pietra), in antico occupato dalle acque marine; con l’emersione di queste aree, la zona era stata abitata già nel neolitico e poi in epoca dauna.

In epoca romana l’area, come d’uso posta al di fuori delle mura, era già utilizzata come necropoli (sono state qui individuate numerose tombe subdiali), ma la sua massima espansione si registra in epoca paleocristiana con le inumazioni in catacombe.

La zona cimiteriale, inizialmente utilizzata in maniera promiscua da cristiani e pagani, si specializza successivamente al solo uso da parte dei primi, soprattutto con l’affermarsi della diocesi sipontina, la cui importanza, nella storia del tempo, è testimoniata dalla presenza di vescovi spesso citati anche nelle cronache del tempo e fortemente legati al culto micaelico della Grotta di San Michele a Monte Sant’Angelo.

Per completezza la nostra guida ci informa che successivamente alla decadenza e all’abbandono di Siponto, il luogo ha avuto funzioni diverse: cava di materiali, stalle per animali, deposito per derrate alimentari, persino rifugio di banditi. Tutto ciò ha portato ad un grave degrado dei luoghi e delle strutture.

La visita, infatti, parte proprio da un ampio spazio aperto che era invece parte di una (o forse più) grotta utilizzata per le inumazioni; i successivi utilizzi hanno prodotto il crollo della copertura, ma lungo le pareti ancora rimaste sono evidenti i segni dei loculi utilizzati in epoca paleocristiana per la deposizione dei defunti.

In alcune di queste grotte si entra da un ingresso artificiale: la nostra guida, infatti, ci fa notare che il piano di calpestio è assai inferiore a quello dei loculi per le inumazioni; cosa che deriva dall’uso successivo del luogo come cava di materiali per le costruzioni. L’ingresso originario era invece posto in alto sulla volta della grotta; abbastanza stretto, di forma circolare, permetteva il passaggio dei “fossori”, il personale utilizzato per gli scavi e la deposizione dei defunti.

I corpi dei defunti venivano posti in loculi individuali o in arcosoli, destinati a inumazioni multiple, in genere di un unico nucleo famigliare. La maggior parte dei loculi sono posti lungo le pareti, ma, in alcuni casi, anche scavate nel terreno (fosse “terragne”).

L’accesso dall’alto è ancor meglio visibile in un’altra grotta, dove una passerella di ferro e legno ci porta proprio al livello originario: ben visibile è il foro di accesso, mentre ai lati sono i loculi o gli arcosoli. Sono ben visibili anche alcuni piccoli ripiani sui quali venivano occasionalmente poste delle lucerne; non sono state ritrovate, invece, tracce di affreschi.

Oltre alle grotte con ingresso dall’alto, tuttavia, ci sono altre con ingresso in piano.

Come nel caso di un ampio locale scavato nella pietra e dalla chiara impostazione basilicale: diviso in tre brevi navate e con arcosoli distribuiti lungo le pareti (esempi di questo genere non sono molto comuni, ma comunque presenti in altri siti archeologici).

Ma la particolarità di questo luogo è anche in una iscrizione che si trova sulla fronte di ingresso: si distingue il simbolo del “caduceo” (due serpenti avvinghiati e affrontati), che era il simbolo degli archimandriti, segno della loro autorità. Dunque in questo luogo, prima e oltre alle inumazioni, è molto probabile si celebrassero dei riti cristiani.

Da sottolineare che la funzione basilicale è anteriore a quella di utilizzo di questo spazio come luogo di inumazione. Infatti le centine degli arcosoli sono, in questo caso, di forma trapezoidale e non a tutto tondo come gli arcosoli di epoca precedente.

A completamento della visita alcune altre grotte, anche queste con aperture e ingresso al piano. In particolare una di queste che presenta al suo interno due ambulacri e una serie di tombe terragne, molto probabilmente una delle meno antiche e comunque quella meglio conservata perché scoperta più di recente e solo parzialmente manomessa da successivi interventi umani.

Da questo assai interessante sito (siamo sulla sinistra della strada statale che conduce da Siponto a Manfredonia, poco prima dell’ingresso all’area archeologica), passiamo ad un altro ipogeo che si trova sotto la chiesa Santa Maria Regina (dalla quale prende il nome), un edificio religioso realizzato entro lo spazio occupato dall’attuale abitato sipontino, costituito, per gran parte, da case e ville per i villeggianti.

Questo sito è assai più piccolo del precedente che contava decine di grotte e di luoghi di sepoltura. Questo ipogeo, del resto, è stato scoperto solo in occasione della costruzione della chiesa moderna, alla metà del secolo scorso e l’area circostante è stata indagata solo parzialmente.

Qui ci attende il presidente dell’Archeoclub di Siponto; sempre con la nostra guida accediamo ai locali sotterranei che qui sono piuttosto angusti, limitati dal sovrastante piano della chiesa, ma molto simili a quelli originari in quanto non manomessi da utilizzi posteriori diversi. Le inumazioni sono disposte lateralmente a due ambulacri che si incontrano ortogonalmente, ma a due diversi livelli, collegati da alcuni scalini.

Anche qui l’ingresso originario era dall’alto, tramite uno di quei fori che abbiamo descritto nel caso precedente, ma in questo caso la volta è del tutto inesistente, sostituita dal piano della chiesa.

Un secondo spazio, attualmente unificato con il primo dopo gli scavi, ma originariamente separato, presenta un accesso segnato da un breve dromos. In questo caso, la forma dell’ipogeo, una sorta di croce greca, lascia intuire la possibilità che anche questo, oltre ad essere luogo di inumazione, fosse anche luogo di culto.

Un altro tassello per la maggiore e migliore conoscenza del nostro territorio, così ricco di storia, arte e cultura, troppo spesso però lasciato all’incuria o all’attenzione di piccoli e limitati gruppi di interesse e privo di una organica iniziativa che ne promuova una conoscenza e una fruizione più ampia, organizzata e di massa, e soprattutto verso le nuove generazioni.

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