Nardò

Comincia la nostra visita (con alterni successi) ai numerosi paesi del Salento

La prima tappa è Nardò, un comune di circa 30.000 abitanti e che si trova a 26 chilometri da Lecce.

Un primo centro abitato risale al VII secolo a.C. ad opera di popolazioni messianiche, anche se nella zona sono stati scoperti insediamenti umani risalenti al paleolitico. Quasi sempre sotto controllo bizantino nell’alto medioevo, nel 1055 venne conquistata dai Normanni; da allora seguì le vicende del meridione d’Italia. Fu feudo dei Del Balzo e, dal 1497, degli Acquaviva. Un rappresentante di questi ultimi, il conte Conversano Acquaviva, soffocò nel sangue la rivolta popolare che si registrò ai tempi di Masaniello (1647). La famiglia Acquaviva conservò numerose proprietà terriere anche dopo l’abolizione del feudalesimo.

Ai margini del centro storico troviamo il Tempietto dell’Osanna, una edicola a pianta ottagonale posta su bassi gradini e sostenuta da colonnine che si chiudono ad arco e coperto da una cupola. La sua costruzione risale al XVI secolo, è costruita in pietra leccese.

Il tempietto era il punto di partenza e di arrivo di processioni verso le campagne; ad oggi viene usata come edicola votiva solo in occasione della Domenica delle Palme e della festa di San Gregorio Armeno, patrono della città.

Ci addentriamo nel centro storico che conserva numerose chiese ed abitazioni in stile barocco, alcune parzialmente riutilizzate come l’ex Convento dei Carmelitani che si sviluppa intorno ad un chiostro quadrangolare. I locali, divenuti di proprietà comunale, sono stati adibiti a vari usi (alcuni uffici comunali, la biblioteca, una sala convegni).

Attigua è la chiesa della Beata Vergine Maria del Carmelo, che presenta un bel portale scolpito in pietra leccese. Diversamente da altri edifici la facciata presenta caratteristiche del periodo romanico. Il portale d’ingresso è affiancato da due leoni in posa aggressiva; un archivolto centrale e decorato accoglie un protiro con timpano triangolare, al cui interno si trova un rilievo rappresentante l’Eterno Padre, circondato da testine d’angelo. Al di sopra del portale d’ingresso un’ampia finestra a cornice.

L’interno è a tre navate, tutte decorato a stucchi barocchi.

Lasciato sulla sinistra l’edificio del teatro in forme neoclassiche, si giunge alla centrale piazza Salandra. Qui insistono diverse costruzioni ed edifici, sia pubblici che privati, con facciate decorate in stile barocco e rococò. Alcuni graziosi balconcini adornano le facciate e alcune finestre sono incorniciate da decorazioni.

In forme rococò è anche la facciata del Palazzo municipale, ricostruito dopo il terremoto del 1743; a decori ocra su sfondo bianco è anche la facciata della chiesa di San Trifone (purtroppo chiusa); più sobrio e dalle forme essenziali e geometriche è il Sedile, luogo di incontro e decisioni della municipalità nel XVII secolo.

Leggermente decentrata, nella piazza si impone alla vista l’alta (19 metri) Guglia dell’Immacolata. Realizzata nel 1769 è in pietra locale, ha base ottagonale, forma piramidale e scandito in cinque livelli culminanti con un globo sormontato dalla statua della Vergine. Festoni, cornici, statue, pennacchi ed altri elementi decorativi sono distribuiti abbondantemente su tutte le superfici.

Sulla sinistra della piazza è la fiancata sinistra della chiesa di San Domenico. Su questo lato è la ottocentesca Fontana del Toro, diventato emblema della città perché la tradizione vuole che il primo insediamento di Nardò avvenne nel luogo ove un toro, scavando in terra con uno zoccolo, aveva fatto scaturire l’acqua.

La facciata della chiesa, nella parte inferiore, è affollata di figure umane e cariatidi, la parte superiore più semplice e liscia. L’interno è a navata unica, con tre cappelle per lato e corti bracci nel transetto. Il soffitto è piano, decorato e dipinto.

Sul lato opposto della piazza una corta stradina porta alla Cattedrale di Nardò, dedicata a Santa Maria Assunta, la cui facciata si apre su una piazzetta di forma rettangolare.

L’origine è antica (secondo alcune datazioni risalirebbe al 1088), ma l’edificio attuale è frutto di ricostruzioni, modificazioni ed ampliamenti realizzati nel sorso dei secoli successivi.

La facciata è assai semplice, suddivisa su due livelli e con tre ingressi; sulle due porte laterali sono due oculi rotondi, mentre sulla porta centrale, ma nel livello superiore della facciata, è un oculo di forma irregolare e circondato da una cornice scolpita.

L’interno è a tre navate, quella di destra è romanica, quella di sinistra più tarda. I pilastri inglobano due colonne sulle quali sono tracce di finestre antiche (XIII-XV secolo). Le arcate di destra sono infatti a tutto tondo, mentre in quelle di sinistra si accentua l’angolo acuto.

L’abside centrale è assai ampio, squadrato, ma con volta a crociera ad archi ogivali; l’altare marmoreo è sormontato da un baldacchino in marmo sostenuto da quattro colonnine.

I soffitti hanno capriate lignee, quello centrale molto più alto di quelli laterali. Le pareti sono per gran parte lisce e bianche (tranne dove emergono residui brani di affreschi); le cappelle laterali sono barocche con colonne intarsiate e decorate e con tele di vari autori locali.

Da segnalare il Cricifisso nero, in legno di cedro di epoca bizantina.

Tornando indietro riattraversiamo piazza Salandra, passiamo nuovamente davanti alla chiesa di San Domenico e ci addentriamo nei vicoli e nelle stradine del centro che ogni tanto regalano simpatici scorci con alcuni portoni e balcanici decorati e scolpiti.

Raggiungiamo la chiesa e il convento di Santa Chiara (purtroppo chiuse e non visibili, nemmeno quando utilizziamo l’indicazione di rivolgerci alla portineria delle suore.

Raggiungiamo infine il Castello. La massiccia struttura quadrangolare con quattro torri cilindriche ai lati si trova ai margini del centro storico ed è attualmente sede municipale.

E’ una tipica struttura militare di epoca aragonese, risale alla metà del ‘400 e vari documenti ne parlano facendo riferimento ad alcuni avvenimenti di storia dell’epoca, mentre alcuni illustrazioni la descrivono insieme all’apparato difensivo delle mura.

La facciata principale, in stile neoclassico-eclettico, risale ai primi del ‘900, allorché il castello venne trasformato in dimora aristocratica dai baroni Personè.

Da notare le maschere (sono 52) apotropaiche che sono poste sotto il cornicione che precede la merlatura superiore. Sulla destra il parco del castello (oggi villa comunale) con varie specie arboree.

Riattraversiamo le stradine del centro, tornando al Tempietto dell’Osanna e da qui ci dirigiamo verso la nostra nuova meta: Galatina.

Questa voce è stata pubblicata in racconto. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento