Parma – 4

A distanza di un anno e mezzo dal mio precedente viaggio (causa soprattutto del covid che ha bloccato i miei spostamenti), sono tornato a Parma per completare la visita della città, almeno nei suoi tratti essenziali e per quanto riguarda i monumenti più importanti. (Gli scritti relativi alla mia precedente visita sono: Parma – 1, Parma – 2, Parma – 3).

La prima tappa è stata l’Abbazia di San Giovanni Evangelista, che si trova proprio dietro allo spazio, bellissimo, del Duomo e del Battistero di Parma.

Foto: la chiesa di San Giovanni Evangelista; Foto di Dora Pinto

Anche se non eguaglia lo splendore di questi due monumenti (non a caso gli emblemi della città), il monastero certamente si impone per la sua importanza e, soprattutto per la notevole dimensione del complesso monastico benedettino: una chiesa, sette chiostri, una biblioteca, numerosi locali che si affacciano su un lungo corridoio di 170 metri, una antica spezieria, vari locali di servizio. Una foto aerea del complesso evidenzia la sua significativa estensione a ridosso del centro cittadino (una parte degli edifici è oggi utilizzata per attività estranee al monastero).

La visita comincia dalla chiesa, fondata nel 980 e dedicata a San Colombano, completamente ricostruita agli inizi del 1500, mentre la facciata, in stile tardo manierista risale agli inizi del 1600. A quest’ultimo periodo risale anche il campanile che è il più alto della città.

All’interno la chiesa è a tre navate con volte a crociera; all’intersezione con il transetto è una mirabile cupola affrescata dal Correggio. Cappelle si susseguno lunga le due navate ed anche nei bracci laterali del transetto.

Le decorazioni sono, per la gran parte, del Correggio e dell’Anselmi, due artisti oltremodo affermatisi proprio qui a Parma. Tuttavia l’attenzione è da richiamare su un seppur limitato intervento del Parmigianino che, nella seconda cappella di sinistra, nel sott’arco, dipinge un cavaliere (Vitale o forse San Secondo), che regge le briglie di un impetuoso cavallo bianco. L’elemento interessante è il cavallo che, impennandosi sulle gambe posteriori, emerge dal limite fisico dell’affresco determinando una maggiore plasticità del lavoro (analogamente, in basso, avviene per un cagnolino).

Foto: affresco del Parmigianino a San Giovanni Evangelista; Foto di Tommaso Abatescianni

Entriamo nei locali del monastero da una porta a sinistra della chiesa (ingresso con offerta libera), che immette in un piccolo locale il quale si affaccia sul primo dei chiostri, quadrangolare, contornato da un porticato su colonne e con una fontana al centro. Anche il chiostro adiacente è di forma quadrangolare, con colonne che sorreggono il porticato; sulle pareti laterali alcuni brani di affreschi e, al centro, la ghiera di un pozzo.

Su un lato di questo secondo chiostro si apre la sala del Capitolo, con scranni di legno disposti lungo tutto il perimetro interno. Una scala interna conduce alla zona riservata ai monaci e non visitabile. Un’altra scala conduce invece alla biblioteca monumentale del primo piano (anche qui visita con offerta libera). La sala di lettura, illuminata da finestre, è ripartita da colonne con alti basamenti (circa un metro); il soffitto è affrescato a grottesche, mentre, alle pareti, una serie di carte geografiche illustrano le conoscenze geografiche dell’epoca (1574-1575 circa); fra queste una carta dell’area di Gerusalemme.

In un angolo, sulle porzioni di pareti libere, l’elenco dei papi; in un altro la genealogia di Cristo (fino ad Abramo). In alcune teche codici e salteri, con deliziose miniature dai vivaci colori.

Un terzo chiostro, di maggiori dimensioni rispetto ai primi due, è visibile solo attraverso un passaggio chiuso da un cancello di ferro. Anche questo chiostro è coperto e sostenuto da colonne.

Usciti dal complesso una rapida passeggiata ci porta in Piazza Garibaldi dove sorgono il Palazzo del Governatore (oggi adibito a mostre di arte contemporanea), il Palazzo del Comune (oggi Municipio) e la chiesa di San Pietro Apostolo.

Ma la nostra meta finale è il Complesso Monumentale del Palazzo della Pilotta con le sue esposizioni (ingresso 12 euro).

La visita comincia al primo piano (il Museo Archeologico, nell’ammezzato, è temporaneamente chiuso).

E già l’inizio è sfarzoso. Si entra infatti nel grande Teatro Farnese, “il primo teatro moderno dell’Occidente” (così recita il depliant illustrativo), tutto completamente in legno. Il semicerchio delle gradinate prospicienti il palco offre una visione unica e suggestiva; in legno e stucchi le decorazioni delle pareti, alte al di sopra delle gradinate; in legno le possenti travature di sostegno. Davvero un bel vedere!

Foto: Il magnifico Teatro Farnese; Foto di Tommaso Abatescianni

Esposti, sotto le gradinate, vari oggetti di scena, statue di gesso, modellini in scala del teatro, testi di architettura e disegni preparatori, abiti di scena.

Il teatro venne costruito nel 1618 in occasione del passaggio in città di Cosimo II de’ Medici che doveva raggiungere Milano. Il Granduca non fece più quel viaggio e l’inaugurazione del teatro avvenne nel 1628, per essere poi utilizzato per feste o altri grandi eventi di stato.

Si passa poi alla Collezione Farnese, un ricco assortimento di opere di grande valore storico e artistico, dovuto prima all’impegno del duca Filippo di Borbone e della moglie Luisa Elisabetta di Francia e successivamente, con il rientro degli espropri napoleonici, a quello di Maria Luigia d’Austria (già moglie di Napoleone e poi duchessa di Parma).

Si comincia dal “Torso Farnese” (I secolo a.C.), ellenistico, posto accanto alla nota tela di Sebastiano del Piombo che ritrae il papa “Paolo III Farnese”. Due tele del Correggio e due opere del Parmigianino tra cui il celeberrimo “Ritratto di gentildonna detta La Schiava turca” (colpiscono il candido polsino, lo sguardo enigmatico e il leggero sorriso). Infine, di fronte ad meraviglioso e grande armadio di legno intarsiato, due quadri, l’uno dell’Anselmi, l’altro di Francesco Maria Rondani.

Nella grande sala successiva (la cosiddetta Sala del Trionfo), una copiosa quantità di opere diverse, definibili come arti decorative (ma sicuramente il termine è riduttivo rispetto alla qualità delle opere stesse). Si susseguono cassapanche in legno scolpite e intarsiate; un meraviglioso piatto da portata in maiolica e con fronte e retro a smalto dipinto e colorato con la scena della “Circoncisione di Cristo”; mobili; piastrelle dipinte e smaltate. Su un lungo tavolo con ripiano in marmo (in unico taglio) sono disposti in quantità piatti dipinti e smaltati, statuette in bronzo, vasi decorati, cristalli di Boemia (stupendo un vaso con piede allungato e coperchio). E poi ancora sedie, sedili, vari e diversi servizi di porcellana.

Ricomincia poi l’esposizione di quadri e dipinti, a partire da una raccolta di preziose opere di Daddi, Gaddi, Simone di Filippo (Simone dei Crocifissi) ed altri artisti di scuola toscana del tra ‘200 e ‘500. Madonne, Santi e altre opere a sfondo religioso si susseguono, dipinti su preziose tavole finemente disegnate.

Foto: “La Scapiliata” di Leonardo da Vinci; Foto di Dora Pinto

La lunga serie di questi numerosi dipinti è interrotta da una piccola tavola di Leonardo da Vinci, “Testa di donna della La Scapiliata” (1492-1501 circa, forse).

Come per tutte le opere del grande artista incerta è la datazione e altrettanto incerto è il soggetto dell’opera. Ciò che invece è certo è che attira immediatamente gli sguardi di ogni visitatore, nonostante da molti venga considerata, come in altri casi, un’opera incompiuta del grande maestro.

Resta il fatto che la dolcezza dei lineamenti, la precisione del tratto, il colore stesso dell’opera generano un fascino che lascia ammirati e affascinati.

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