Ville Romane nella “Campania felix”

Solo di recente ho avuto modo di visitare la splendida Villa di Poppea, un gioiello romano del I secolo, recuperata e restaurata a Torre Annunziata, comune vicino Napoli.

In verità non ho visitato solo questo sito, ma alcune località della zona a sud di Napoli dove sono state portate alla luce, restaurate e rese fruibili con interventi assai interessanti, alcuni siti archeologici, posti fuori o intorno ai tradizionali e conosciuti circuiti di Ercolano e Pompei.

Rispetto a questi due siti, i luoghi di cui vi racconterò, hanno sicuramente dimensioni più raccolte, sono prive della grandiosità di quelle due città, trasmettono molto meno pàtos rispetto alla drammaticità degli eventi che le hanno distrutte e rese inabitate a seguito del furioso terremoto del 62 d.c. e della terribile eruzione del 79 d.c.; tuttavia nulla hanno da invidiare in quanto a raffinatezza architettonica e qualità artistica delle ritrovate e restaurate antiche pitture, mosaici e statue che le decoravano.

In più hanno il pregio (lo so che è un controsenso parlarne a proposito di manufatti risalenti a 2.000 anni fa) della “freschezza”, nel senso che il fatto di essere state ritrovate e recuperate in epoca più recente, le ha preservate ulteriormente dal degrado progressivo in cui sono purtroppo incorsi i siti di Ercolano ed ancor più quello di Pompei.

Sono le zone genericamente comprese nella “campania felix”, la prosperosa campania; zone ricche ed ubertose, località che non solo fornivano produzioni agricole di pregio (olio, vino, ortaggi) alla Roma imperiale, ma erano considerate importanti anche dal punto di vista climatico e ludico, tanto da registrare in questa zona sia insediamenti imperiali (le tante ville degli imperatori esistenti in questa zona), sia di ricchi e di notabili romani che qui costruirono ville ed insediamenti di grandi dimensioni a scopo produttivo, ma  arricchite da manufatti ed opere d’arte di alto pregio e di grande valore.

Tanto “valore” ebbe questa regione per Roma, che nella suddivisione augustea essa divenne parte della “Regio I”, e cioè “Latium et Campania”, unite, indissolubilmente insieme.

E’ necessario precisare che la definizione “campania felix”, attribuita a Plinio il Vecchio, era stata coniata non in considerazione al suo carattere ubertoso e fecondo, ma come semplice denominazione geografica che comprendeva ed estendeva l’area della precedente “Campania Antiqua”, che era limitata alla zona di Capua e delle aree circostanti.

Ma veniamo dunque al mio racconto “di viaggio”.

Ho visitato anzitutto l’Antiquarium di Boscoreale e l’annessa Villa Regina. Sorvoliamo sulla segnaletica, assente o fuorviante. Comunque si tratta di una visita interessante.

L’Antiquarium, un moderno edificio, appositamente costruito, conserva reperti del territorio e dell’opera dell’uomo che illustrano l’ambiente naturale e l’attività umana nella zona. Assai interessante è il fatto che, insieme ai reperti (ami, reti da pesca, frantoi originali, ecc.), vengano conservati o riprodotti affreschi prelevati dalle ville dei dintorni, che illustrano con una estrema precisione, ma anche con una grazia commovente, organizzazione del lavoro e del territorio di quell’epoca.

Presenti anche due belle statue in marmo: la cosiddetta Fanciulla di Ercolano e la Signora della Villa dei Misteri, quest’ultima ricoperta da una tunica talare che le scende fino ai piedi. Intorno porzioni di affreschi con dipinti di  amorini, candelabri e suppellettili.

Adiacente,  lo scavo di Villa Regina, una “villa rustica” di nome e di fatto. Come molti altri reperti archeologici, non è visitabile, ma la si può ammirare solo dall’esterno. La Villa ci è pervenuta quasi del tutto intera, completa persino di diciotto giare interrate destinate a conservare il vino. Infatti si trattava di una villa organizzata principalmente per la produzione vinaria. Si tratta di una scoperta e di un recupero avvenuti assai di recente (1980) ed è assai interessante per quanto riguarda l’organizzazione produttiva umana in quei territori.

Vi ricordo che parliamo di costruzioni risalenti grosso modo al I secolo dell’Impero.

Mantengono la loro caratteristica di strutture “produttive”, ma si arricchiscono di ambienti, di spazi e di importanti raffigurazioni pittoriche le altre due ville visitabili nel comune di Castellamare di Stabia. Sono complessi realizzati poco sopra l’attuale abitato, sulle prime pendici della collina di Varano. E sono bellissime.

La prima (quella in contrada S.Marco), era nota già nel ‘700 e furono allora i Borbone ad avviare gli scavi delle ville presenti sulla intera collina. Una villa grandissima, ricca di porticati e di giardini, di sale per intrattenere ed ospitare i visitatori, interamente affrescata come testimoniano sia le superfici (poche purtroppo) ancora esistenti, sia i vistosi buchi nelle pareti; buchi lasciati dalle asportazioni realizzate in epoca borbonica o dalle successive spoliazioni, durante il lungo periodo di abbandono intercorso dall’epoca borbonica fino alla metà del secolo scorso quando cioè ripresero le campagne di scavo.

L’altra è Villa Arianna, di poco più in alto della precedente, ma posta in una posizione assai bella con una vista sul Golfo di Napoli che è veramente eccezionale. Dalla parte anteriore della villa, nello spazio davanti alla imponente e grande costruzione (oltre 2.500 mq), lo sguardo corre dal Vesuvio a tutta la penisola Sorrentina, abbracciando così l’intero spazio del Golfo.

Immaginare quale fosse la situazione prima che l’antropizzazione forzata e la cementificazione selvaggia insediassero così da presso quell’insediamento procura un senso di benefica e piacevole vertigine.

Ed anche qui i ruderi recuperati illustrano una villa composta da diverse zone, destinate in parte alla coltivazione, in parte al diletto, in parte all’uso domestico (cucine, lavabo, ecc.), in parte a luogo di incontro e di ricevimento degli ospiti.

Anche qui le pareti erano completamente ricoperte di affreschi e di disegni che ora restano solo parzialmente a decorare stanze di uso comune e individuali come i “cubicula” (le camere da letto).

Dappertutto amorini e brevi, piccolo riquadri che riproducono con fresca sollecitudine la vita del tempo o celebrano fasti e ricorrenze. Lunghe ed elaborate greche servono a limitare spazi dipinti con colori vivaci e differenti. Uno stuolo di amorini, uccelli dipinti con una cura deliziosa, figure che danzano intorno a candelabri, lunghi festoni di erbe e fronde intrecciate con tenui disegni.

Una meraviglia inattesa e interessantissima, non solo dal punto di vista artistico, ma anche o soltanto relativamente al puro godimento emotivo.

E non vi ho ancora parlato della meravigliosa Villa di Poppea, che è la più bella di quelle che ho visitato in questo “tour” nell’entroterra del Golfo di Napoli. Vi prometto di raccontarvelo nel prossimo scritto.

Vi assicuro che non rimarrete delusi !

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